gale-harold.it
Endgame di Beckett al Berkshire Theatre Festival
Mettendo Randy Harrison nel "cestino"!

Lunedì, 12 luglio 2010

Di: Charles Giuliano
Fonte: BerkshireFineArts
Tradotta da: Francesca
Redatta da: Marcy
Gallery: Charles Giuliano
Endgame
Di: Samuel Beckett
Diretto da: Eric Hill
Scenografo, Gary M. English; Costumista, Charles Schoonmaker; Tecnico Luci, Dan Kotlowitz; Responsabile di palcoscenico, Laura Wilson.
Attori: David Chandler (Clov), Mark Corkins (Hamm), Tanya Dougherty (Nell), Randy Harrison (Nagg).
Berkshire Theatre Festival
Unicorn Stage
Stockbridge, Mass.
dal 6 al 24 Luglio, 2010

Due estati fa il Berkshire Theatre Festival presentò Waiting for Godot con Randy Harrison nel ruolo di Lucky. Egli torna di nuovo in questa stagione con una parte secondaria nel cast composto da 4 persone di Endgame di Samuel Beckett, ed ha il ruolo di Nagg.

Abbiamo parlato con il direttore artistico, Kate Maguire, dopo il matineè di sabato. Dato che ha prodotto già due commedie di Beckett in tre estati, ci chiedevamo se il BTF ha in progetto di rappresentare tutte le opere di Beckett. La prossima, e più ovvia, produzione potrebbe essere quella di Krapp’s Last Tape, e magari si potrebbe ipotizzare un assolo per il talentuoso Randy Harrison.

“Sarebbe meraviglioso,” ci ha risposto la Maguire con un sorriso caldo e bene informato.

L’ho applaudita per avere avuto il coraggio di rappresentare il difficile lavoro di Beckett. Sembrerebbe un azzardo presentarlo ad un pubblico estivo. La gente in vacanza non si sente di sbattere la testa contro il Teatro dell’Assurdo.

E, fidatevi, nessuno è più assurdo di Beckett. Endgame è tra le sue cose più dure. In confronto Godot è un picnic nel parco. Pochi mesi prima di morire, Harold Pinter recitò una rappresentazione di Krapp’s Last Tape che fece il tutto esaurito a New York.

In un’interessante intervista, Pinter discusse il suo amico Beckett con Charlie Rose. L’intervista offrì meravigliose intuizioni su due dei più grandi scrittori e artisti della modernità.

E’ affascinante che Randy Harrison abbia lasciato una promettente e sicura carriera nei musical di Broadway per tuffarsi in Beckett e nei maestri moderni. Lo scorso anno ha recitato in Ghosts di Ibsen.

Queste regloari partecipazioni estive di Harrison fanno vendere biglietti. I suoi fans vengono più e più volte. Maguire ci dice che le vendite per Endgame nel piccolo Unicorn Theatre sono state molto buone. Questo weekend sia i matineè che le serate hanno fatto il tutto esaurito.

Sotto la direzione di Eric Hill, questa produzione di Endgame è perfetta. Non potrebbe essere migliore. Perfino l’umido e squallido set di Gary M. English è perfetto. E ci sono poi le umorali luci di Dan Kotlowitz.

Queste fantastiche risorse produttive si sono unite in modo superbo con un cast da sogno. C’era la giusta sinergia orribile, la deprimente e terribilmente abusiva relazione fra il padrone, Hamm, recitato con incredibile potere da Mark Corkins, e Clov, schiavo umile, evasivo e pieno di risentimento, interpretato alla perfezione dall’agile e inventivo David Chandler.

Nella più ardua e famosa messa in scena del teatro moderno, i genitori di Hamm, malati e morenti, Nagg (Randy Harrison) e Nell (Tanya Dougherty), sono creature senza gambe che vivono in bidoni dell’immondizia.

Che analogia incredibile. Gettare i propri genitori nel secchio dell’immondizia. Ti fa pensare a quanto orrendamente comune sia questo fatto nella vita. Loro ci hanno donato la vita, e ci hanno nutrito fino alla maturità. Eppure molte persone provano risentimento verso i genitori che invecchiano. I bidoni dell’immondizia di Beckett simboleggiano le case di riposo e gli ospizi. Sempre più gli anziani sono il prodotto di scarto della società.

Anche se è molto duro, Beckett mostra comunque una verità con questa nefasta immagine.

Ciò che ci attira e ci repelle di Beckett è la terribile, inevitabile verità delle sue immagini desolate e del suo humor nero. Ci sono momenti in cui ridiamo della sua oltraggiosa assurdità, ma è un piacere colpevole.

Ci vuole anche una particolare predisposizione per assistere ad una commedia di Beckett. Ad un certo punto si deve smettere di cercare di trovare un senso all’esperienza che si sta vivendo e arrendersi semplicemente alla batosta estetica che ti sta arrivando.

Non esco mai da una serata su Beckett senza aver scoperto qualcosa di nefasto e terribile su me stesso. Nessun altro scrittore è più bravo nello scavare nei più profondi e nascosti recessi della psiche umana. Ovviamente, altri artisti ci hanno portato lì, dall’Inferno di Dante al Giudizio Universale della cappella Sistina fatto da Michelangelo, dalle illustrazioni ed i poemi di Blake, ai dipinti Disasters of War e Black Paintings di Goya, da The Underground Man di Dostoyevsky, a LoStraniero di Camus, fino alle storie di Kafka.

Gli artisti più grandi ci permettono di tuffarci nelle profondità umane. Ma noi siamo solo visitatori o turisti. Per gli artisti tormentati tutto ciò forse non va mai via. Ti spinge a domandarti: cosa può averli inspirati?

Ci sono tanti abusi in Beckett. Considerate la relazione fra Pozzo e Lucky in Waiting for Godot. Ci sono molti paralleli fra quella e la relazione fra Hamm e Clov. Una differenza è che Lucky è muto. Per lo meno fino al famoso discorso. Mentre invece Clov combatte e litiga con il suo tormentatore.

Il monolitico Hamm è cieco e confinato su una sedia a rotelle. Indossa occhiali da sole che pulisce spesso con un panno insanguinato. Ad un certo punto chiede a Clov se ha mai fissato i suoi occhi bianchi e senza vista.

Sul palco Hamm è la matrice del dramma. Tutto gira intorno alla sua volontà e ai suoi capricci. La sua sopravvivenza è affidata all’evasivo schiavo Clov. Lui è i suoi occhi, le sue orecchie e la sua anima. Anche se è completamente dipendente, Hamm controlla tutto ciò che lo circonda.

Beckett ha un interessante fissazione per il cibo. In Godot c’è la ripetuta routine di “Dammi una carota” o “Voglio un radicchio”. In Endgame il povero Nagg chiede la “pappa” e gli viene data una misera razione di biscotti secchi. Quando viene corrotto perché ascolti una delle storielle di Hamm, Nagg chiede della frutta secca. Questo poco cibo, a mala pena sufficiente per il sostentamento, è una costante delle commedie di Beckett. In Krapp’s Last Tape c’è una parte su una banana. Il personaggio allunga le parole e quasi sviene mentre pronuncia “banannnnnnaaaaaa.” Allo stesso modo egli dice “spoooooooolllllll” (bobina).

Oltra a chiedere il cibo, Hamm chiede inoltre se è l’ora dei suoi antidolorifici. Mentre la commedia si sviluppa, il pubblico si fa la stessa domanda.

L’aumento del passaggio del tempo è un’altra caratteristica di Beckett. Le sue commedie spesso fanno pensare al fatto che si stia guardando della vernice che si asciuga. Nel senso che lui abusa di noi. Proprio come i suoi attori, noi entriamo nel suo abuso. Il pubblico è una vittima. Diventiamo cospiratori coscritti nell’uccidere il tempo e lo spirito. Il nostro assistere alle sue commedie è la prova che partecipiamo volontariamente.

E’ l’opposto del realismo della maggior parte del dramma contemporaneo. Sperimentiamo immagini specchio o aspetti di noi stessi guardandoli su un palco, su uno schermo, in TV. Ci viene chiesto di indentificarci nei personaggi. Il più delle volte è noioso e privo di inventiva. A meno che non ci siano omicidi, azione e velocità. E che sia breve. Novanta minuti al massimo.

Ma Beckett non ci offre mai conforto. Il pubblico è un bersaglio da attaccare. Quelli di noi che si godono l’esperienza possono gioire del loro essere sofisticati. Arriviamo a pensare che Beckett sia il Solo realista teatrale. Tutto il resto è una presa in giro pretenziosa e volgare. Quella “pappa” che Nagg, disperatamente affamato, continua a domandare.

Che sciocchi siamo noi mortali.

Un’altra caratteristica di Beckett è la nozione dell’utopismo. Quel mondo migliore che è proprio al di là dell’orizzonte ed è irraggiungibile. I due clowns giorno dopo giorno ritornano in quel paesaggio brullo, un’immagine da dopoguerra, per aspettare che arrivi Godot. Lui metterà a posto le cose. Hamm chiede a Clov di salire sulla scala e guardare il paesaggio che lui non può vedere. Krapp, ormai vecchio e impazzito, fa suonare cassette registrate nella gioventù insanguinata. C’è sempre un altro tempo e luogo. E’ ciò che ci sostenta attraverso il noioso avanzare della vita, gli orrori della guerra, i disastri naturali. Beckett è stato uno scrittore dell’età post nucleare e della Guerra Fredda.

Uno dei problemi con Beckett è che una volta che hai visto una sua commedia, essa non ti lascia più. Mi ci sono voluti due anni per riprendermi da Godot ed ora si ricomincia con Endgame.

Anche se Endgame è una delle produzioni che ho più aspettato in questa stagione, mi fa piacere che ora sia alle mie spalle. Ma lo è davvero? Ti metti a pensare agli attori. Come fanno a deprogrammarsi da Beckett?

A questo punto di solito il critico deve vendere lo show al grande pubblico. “Correte, non camminate.” “Non perdetevi questo show.” “Uno dei migliori della stagione.” Roba del genere. Il teatro poi tira fuori queste frasi e le espone nella pubblicità.

Ma io vi suggerisco qualcos’altro. Se soffrite di attacchi, colpi epilettici o depressione, vi prego non andate a vedere Endgame. Consultate un medico prima di andare a vedere lo show. Se vi succede qualcosa di tremendo non prendetevela con me. Non è colpa mia. Io ve l’avevo detto.

Dopo lo show, mentre parlavo con Kate e Jaime Davidson, Randy è uscito. Mangiava una mela. Uno snack nella pausa tra i due spettacoli.

Gli ho detto che era molto diverso senza tutto il make-up bianco. Non c’era nulla di strano o pazzo in lui.

Durante la performance ci sono stati momenti irresistibili in cui alzava la testa dal suo bidone e pregava Hamm di dargli da mangiare. Le sue mani tremavano e si aggrappavano al bordo del bidone. Ogni tanto si sporgeva verso il bidone di Nell (Tanya Dougherty) e bussava per accertarsi che lei stesse bene. Era un’immagine tenera e dilaniante. Entrambi gli attori fanno un lavoro enorme con delle parti molto piccole. Le loro sono performances indimenticabili.

Sentendomi a disagio, ho chiesto a Randy se potevo fargli una foto, balbettando che recitare Beckett dev’essere molto dura.

“Non proprio,” mi ha risposto Randy mentre educatamente ricominciava a mangiare la sua mela. Un sorbetto per pulirsi il palato tra gli spettacoli. Molto Beckettiano. Poteva anche essere un radicchio.