Sebbene ogni attore ami strappare applausi al pubblico, Bob Ari ha ricevuto un complimento anche maggiore dagli spettatori del George Street Playhouse venerdì sera.
In “Red”, l’opera vincitrice di un Tony Award scritta da John Logan, Ari interpretava l’impressionista astratto Mark Rothko. A denti stretti, si era appena lasciato scappare una replica tagliente rivolta a Ken, il suo assistente. La battuta era così pungente e l’enunciazione così sicura, che Ari non è stato solo premiato con un’enorme risata, ma anche con applausi scroscianti.
Ma Ari, mentre stava uscendo, si è improvvisamente fermato ed è tornato indietro. Questo è stato il momento in cui gli spettatori della prima serata hanno immediatamente interrotto l’applauso e sono di colpo ammutoliti. Se il Rothko di Ari aveva altro da dire, loro non volevano perderselo. Nessuno ha osato correre il rischio che l’applauso coprisse la sua battuta successiva.
Questo è quanto gli spettatori di New Brunswick sono rimasti incantati da “Red”, per il quale il regista Anders Cato ha creato una produzione di primo livello.
Per quanto fantastico sia Ari, egli viene meravigliosamente uguagliato da Randy Harrison nei panni del giovane artista, che inizialmente arriva per assistere Rothko e poi finisce per criticarlo e sfidarlo.
In realtà, Ken è il ruolo più avvincente, perché il personaggio affronta il viaggio più lungo. Apparentemente, Rothko cambia appena.
Ari mostra che Rothko non lascerebbe mai incrinare la sua patina di superiorità, anche quando sa che sta perdendo in una discussione.
Harrison, d’altra parte, ci fa ricordare i nostri primi giorni di lavoro, quando cercavamo disperatamente di fare buona impressione.
L’affermato attore mostra il paradosso di fronte a cui si trova ogni nuovo assunto in quei primi giorni: se rimani in silenzio, potresti apparire stupido, ma se parli, potresti dire la cosa sbagliata.
Ari mostra che Rothko apprezzava qualunque strada intrapresa da Ken, per poi cogliere l’opportunità di criticarlo duramente. Viene anche sottolineato il fatto che un artista, che se ne sta nel suo piccolo studio giorno dopo giorno, corre il rischio di perdere le sue capacità relazionali.
Ironicamente, all’inizio Rothko dice a Ken. “Sii gentile. Sii un essere umano.” Non si rende conto che dovrebbe seguire il suo stesso suggerimento. Invece, a lui piace avere potere, comportandosi come se ogni parola che deve dispensare fosse preziosa. Il Rothko di Logan da un nuovo significato alla parola “egomaniacale”.
Eppure, autore, attori e regista collaborano per far in modo che Rothko non diventi mai insopportabile. Lui ci va straordinariamente vicino, ma non oltrepassa mai la linea di confine oltre la quale ci metteremmo le mani nei capelli e lo odieremmo. Il fatto che lui sia più affascinante che irritante salva lo spettacolo.
Detto tutto ciò in 90 minuti senza interruzioni, “Red” non ha molto di nuovo da offrire sull’arte e gli artisti. Logan ripropone l’annosa disputa sull’arte contrapposta agli affari. Rothko si è venduto accettando la commessa di un ristorante alla moda? Ma non ha bisogno di soldi anche un artista?
Ma anche se “Red” appare meno che originale per i suoi temi, non è mai noioso come stare a guardare un dipinto asciugare. Ha successo come studio di due personaggi eterogenei.
Un momento clou è il monologo di Ken, in cui lui rivela controvoglia la sua storia personale.
Harrison apporta molte sfumature emotive allo spettacolo. Se il copione gli avesse richiesto di abbandonare il palco dopo averlo recitato [il monologo], anche lui avrebbe ricevuto una buona quantità di applausi all’uscita.
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