19 febbraio 2007
Di: Quinton Skinner
Fonte: VARIETY
Tradotta da: Francesca
Redatta da: Marcy
(Minneapolis. Una rappresentazione della commedia in due atti di Tennessee Williams. Diretta da Joe Dowling).
Le claustrofobiche fondamenta conferite da Tennessee Williams a “The Glass Menagerie” sono un terreno familiare ormai ed è diffigile immaginarne un’interpretazione capace di allargarne la visione da parte del pubblico. Eppure il Guthrie ospita sul suo palco questa commedia con un’insolita freschezza ed un’energia vincente che cattura la desolante poesia di Williams e ci offre inaspettati e nuovi orizzonti. Il regista Joe Dowling inoltre introduce una nuova e radicale visione nell’assegnazione del ruolo di Tom.
La trama è convenzionale: Abbandonata da lungo tempo dal marito, Amanda Wingfield (Harriet Harris) vive con i suoi figli in un appartamento diroccato, in cui non fa altro che parlare del suo passato da bellezza del Sud e preoccuparsi per sua figlia Laura (Tracey Maloney), psicologicamente fragile e impaurita da tutto. Il figlio Tom (Randy Harrison) mantiene le due donne facendo un lavoro senza sbocchi, e nel frattempo scompare tutte le notti e prova in generale un senso di frustrazione e futilità.
Dowling ottiene precise e appassionate interpretazioni dal suo cast. L’unico difetto della Maloney è l’essere troppo amabile per interpretare la chiaramente casalinga Laura, anche se ella compensa il tutto con una timida fanciullezza ansiosa di piacere ed una dolorosa vulnerabilità.
Harris getta via ogni attesa di angolazioni inaspettate, permeando la tipica fragile ansietà di Amanda con un tono di esuberanza ed impudente umorismo che conferisce calore all scene familiari tipcamente viste come piene di disagio puro.
Harrison interpreta il giovane Tome con un mix di ansia e frustrazione, [creando un personaggio] che cerca chiaramente di fare la cosa giusta in una situazione impossibile.
Sapendo che la storia si dirige verso una strada senza uscita, Dowling fa una scelta innovativa: dividere la parte di Tom in due, con Bill McCallum a curare i monologici aspetti del copione interpretati da una versione più anziana del personaggio. McCallum si richiama allo stesso Williams, e mentre tale mossa avrebbe potuto essere trita e faticosa in mani differenti, qui è una rivelazione. L’attore conferisce una faticosa solennità alle parti della storia che si richiamano alla memoria, mentre Harrison è libero di dedicare le proprie energie nel rappresentare il personaggio come un giovane travagliato.
La prova della strategia di Downling stava nel capire se il modo in cui essa era stata “cucita” sarebbe risultato visibile anche al pubblico. Non lo è stato; infatti è molto semplice pensare che sia stato lo stesso Williams a scriverla in questo modo. Alla fine, McCallum lancia un ultimo torturato sguardo indietro alle rovine del suo passato mentre
Con un mix di tradizione e novità, la messa in scena di questa frequesntemente rivisitata commedia da parte di Dowling, appropriatamente si rivela la migliore produzione che avvia la prima stagione del nuovo Guthrie.
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Tradotta daFrancesca e redatta da Marcy