Vale la pena aspettare questo 'Godot'
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6 agosto 2008
Di: Michael Eck
Fonte: TIMESUNION.COM
Tradotta da: Francesca
Redatta da: Marcy


Stockbridge, Massachussets. – Più di 5 decadi dopo la premiere parigina, “Aspettando Godot” di Samuel Beckett resta una teatrale linea nella sabbia che separa il canonico dall’avant-garde.

Se riuscite a sopravvivere a ‘Godot’, sembra siate da considerare pronti per tutto.

Ma ‘Godot’, come si evince dalla nuova produzione della commedia rappresentata al Berkshire Theatre Festival, è in realtà molto schietto e diretto a suo modo.

Il suo soggetto, forse più della sua struttura, e ciò che lo rende una tale pietra miliare.

Parla del nulla. E’ letteralmente la commedia dell’attesa. Beckett non riesce ad evitare delle osservazioni sull’esistenza in ogni parte del copione, ma comunque non si discosta mai da quello che è il suo proposito.

Il regista Anders Cato si diverte molto con lo spettacolo, e questo è il giusto approccio. Beckett si è ispirato ai clown silenziosi del cinema e Cato segue la stessa strada.

Quando il pubblico entra nel “The Unicorn” (L’Unicorno), una colonna sonora (composta da Scott Killian) sta già suonando e la commedia nella sua essenza è già iniziata. Persino gli speakers nei bagni si confondono in un caotico mix di suoni, melodie, rumori e messaggi pre-registrati che chiedono di spegnere i telefoni cellulari.

E’ vibrante ed affacinante proprio come la commedia.

Quando l’azione finalmente inizia tutto si svolge in una stanza che sembra una scatola bianca (creata da Lee Savage) che contiene l’essenziale albero e le rocce così familiari ai fans della commedia.

E quando inizia è con un gioco di attori.

Cato ha messo insieme un cast meraviglioso, capeggiato da David Adkins e Stephen DeRosa che interpretano i tristi clown, Vladimir ed Estragon.

Essi hanno i tratti caratteristici di Chaplin/Keaton e Cato lascia loro parecchi spunti su cui giocare, fino ad arrivare alle classiche movenze vaudevilliane che Adkins fa col suo cappello.

David Schramm ha la parte dell’invadente Pozzo, rumoroso ed esuberante mentre frusta il suo umile servo Lucky (Randy Harrison) con forza.

Harrison sembra avere come seconda carriera quella di costruire personaggi sconnessi qui al BTF ed il suo monologo del primo atto –tirata sarebbe una definizione migliore– è uno dei momenti più impressionanti e spettacolari di questa produzione.

E’ anche snervante, così come molti aspetti di questa commedia sono sempre stati.

Inoltre ‘Godot’ spesso sembra un po’ troppo accademico, ma Cato ha evitato in modo notevole tale trappola continuando a far viaggiare le risate al fianco dei momenti cupi – che arrivano nella loro forma più pura con l’ingresso quasi robotico di Cooper Stanton nella parte del messaggero di Godot, che ripete sempre agli uomini che l’arrivo di Godot è rimandato all’indomani.

Cato è sempre stato una scommessa vincente al BTF. Egli offre un mix di precisione, cura e passione a lavori sia vecchi che nuovi. E qui egli dimostra, ancora, che guardare un classico non deve sembrare una lezione di scuola.




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Tradotta da
Francesca e redatta da Marcy