4 agosto 2008
Di: Frank Rizzo
Fonte: VARIETY.COM
Tradotta da: Francesca
Redatta da: Marcy


Rappresentazione del Berkshire Theatre Festival della commedia in due atti di Samuel Beckett. Diretta da Anders Cato

Vladimir - David Adkins
Estragon - Stephen DeRosa
Lucky - Randy Harrison
Pozzo - David Schramm
A Boy - Cooper Stanton

Invece che nel tipico paesaggio desolante, la produzione del famoso gioco dell’attesa di Samuel Beckett diretta da Anders Cato si svolge in una brillante scatola bianca di set che tramuta i mondi di Estragon e Vladimir in qualcosa di distaccato e claustrofobico mentre essi categorizzano i loro terrori giornalieri. Questo è un “Aspettando Godot” adatto alla nostra Era governata dall’ansia. Chiaramente, questo “Godot” non viene posto nelle solite ombre dell’immaginario ma nella forte luce del giorno che non lascia posti per nascondersi.

A volte questo abbagliante approccio diretto del secondo e più intimo palcoscenico del Berkshire Theatre Festival, sembra sorprendentemente fresco e moderno. Ma altre volte le produzioni risultano sconcertanti, per esempio quando i personaggi troppo enfaticamente riconoscono la presenza del pubblico.

Se questa voglia di rompere il “quarto muro” risiede nell’immaginazione dei personaggi, ciò rende i ragazzi di Beckett pieni di risorse. Se, al contrario, non lo è, allora rende il loro vuoto esistenziale lontano dall’essere solitudine. Sia come sia, questa è un’interpretazione che fa deviare quella che altrimenti sarebbe una produzione vividamente recitata e fantasiosamente presentata.

Macon County diviene la Nappa/Crappa Valley – un cambiamento si dice autorizzato dall’agenzia di Beckett ad una precedente produzione. Ed anche se l’albero sterile c’è ancora, nella sconcertante, inclinata sala d’attesa che è il set di Lee Savage c’è anche una sinistra porta alla fine del palco che funge da costante promemoria di qualcosa che dovrà arrivare – forse.

David Adkins nel ruolo di Vladimir, detto anche Didi, e Stephen DeRosa in quello di Estragon, detto Gogo, sono l’elemento comico in questa tragicomica commedia. Ma i loro personaggi non sono i soliti clown vaudevilliani. Questi sono personaggi coscienti che appartengono ad un’era diversa, più contemporanea, e che hanno referenze comiche più vicine ai giorni nostri (Bugs Bunny, Jerry Lewis, Snoopy).

In questa produzione i due non sono tanto dei vecchi veterani burloni, quanto una coppia di vagabondi-truffatori di basso livello, vittime loro stessi di una truffa senza fine. I costumi di Jennifer Moeller vestono questi uomini in un modo che li qualifica sapientemente come degli imbroglioni perdenti.

DeRosa è un comico naturale, con un viso placido dagli occhi grandi ed un fisico scattante. Egli affascina, solletica, ed intrattiene all’infinito nel ruolo dell’annoiato pessimista. Ma è un po’ troppo semplice nei suoi calcoli comici, anche se passa facilmente attraverso una grande varietà di emozioni, a volte anche nel corso di un singolo discorso. Questo Gogo non riesce a raggiungere la base di disperazione, angoscia e terrore che si nasconde dietro le risate.

Il Didi di Adkins capisce la paura che si cela nel suo cuore anche se cerca di risollevare lo spirito del suo compagno – ed il proprio. Quando Gogo chiede cosa stiano aspettando, Didi risponde con un infantile “Godot!”. E’ un’esclamazione fragile che è in parte una battuta e in parte una difesa contro la vastità dell’ignoto. I suoi eccentrici tic e le sue stranezze più che pezzetti comici sono esplosioni di panico e dolore che costruiscono la non-conclusione di Beckett.

Con la sua mole e voce roboante, Pozzo (David Shramm) comunica un’enorme minaccia, indulgenza e potere, ed è al contempo molto divertente. La sua relazione con il tormentato, punk Lucky (Randy Harrison) suggerisce un tema di padrone/schiavo che aggiunge una omoeroticità implicita all’oscuro disagio del pezzo.

Harrison conferisce al quasi del tutto silenzioso servo un spigolo di masochismo che incanta. La sua “danza” è un’inaspettato pezzo di insana coreografia che è tanto buffa quanto triste. Ma è il discorso “pensato” di Lucky che diviene quasi un’aria di opera, ed Harrison lo afferra in modo eccellente riuscendo a trovare una logica intrinseca nella ricerca senza senso e disperata di un po’ di intelligenza nell’universo.

Cooper Stanton crea un ossessionante “Ragazzo” di poche parole, un altissimo giovane col volto pallido che emerge dalla porta sul retro, quasi fosse un personaggio del Paese delle Meraviglie di Alice, portando giornalmente notizie di Godot. Chiaramente un giovane adulto vestito con gli abiti di un ragazzo, egli è al contempo spaventoso e innocente, come lo era Billy Mumy nel vecchio episodio di “Twilight Zone”.



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Tradotta da
Francesca e redatta da Marcy

"Aspettando Godot"
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