5 agosto 2009
Di: Larry Murray
Fonte: BERKSHIREFINEARTS
Tradotta da:
Francesca
Redatta da: Marcy


"Intervista a Randy Harrison: Ghosts di Ibsen al Berkshire Theatre Festival."


Quando Kate Maguire, direttore artistico del Berkshire Theatre Festival ha annunciato che Ghosts sarebbe stato rappresentato nella stagione 2009 (dal 12 al 29 Agosto al Main Stage), era già chiaro che non si sarebbe trattato di una imbalsamata versione da museo di un classico. In un’annata austera, avrebbe potuto scegliere di attenersi alla rappresentazione di routine tradizionalmente offerta dalla commedia del 1881 di Henrik Ibsen. Avrebbe lo stesso avuto pubblico perché è pur sempre una delle grandi rappresentazioni che hanno portato il realismo nel teatro, occupandosi in modo franco di forti problemi sessuali e familiari.

Ma è bastato un solo sguardo al team creativo per capire che si era davanti a qualcosa di speciale. Questo Ghosts sarebbe stato un fresco adattamento messo insieme dal regista Anders Cato e da James Leverett, drammaturgo del BTF. Gli stessi che l’anno scorso rimodernarono Waiting for Godot.

Riuniti da quello stesso cast ritroviamo in questo Randy Harrison e David Atkins, insieme ad altri regulars del BTF come Jonathan Epstein, Mia Dillon e Tara Franklin. Potranno non essere parole comuni ma, per i regulars del BTF, il solo cast già rende Ghosts speciale.

Per capire cosa stesse succedendo, siamo andati a Stockbridge per parlare ancora con Randy Harrison. Gli studi in cui si fanno le prove al BTF sono molto semplici, quasi primitivi. Sono situati in un lotto di legno, che ospita anche le cucine “da campo” dove gli attori e gli apprendisti consumano pasti semplici. Era uscito il sole infine, e dalla malconcia porta a schermo, col sole alle spalle, è uscito Randy Harrison e si è diretto verso di me e il mio registratore. Sorrideva molto ed abbiamo chiacchierato amichevolmente per un po’, prima di dedicarci ad argomenti più seri.

Il Berkshire Theatre Festival è lentamente diventato la sua casa estiva. Il Festival è una risorsa artistica e spirituale in cui egli si rifugia per provare cose nuove e mettersi alla prova. “Per me è tutto questo insieme, e in più ho tante nuove opportunità qui,” mi ha detto felice.

Oppotunità come recitare per la prima volta nel ruolo di Oswald in Ghosts. Nella commedia, sua madre Mrs. Alving (Dillon) gli tiene nascoste delle cose, e tutto ciò è peggiorato dai consigli di un predicatore puritano di nome Manders (Adkins), e complicato dall’infatuazione per la cameriera Regina (Franklin) e dal suo ambiguo padre Engstrand (Epstein). In questa casa torna il mondano Oswald che è malato terminale. Il personaggio è molto contraddittorio, è pieno di vita eppure sta andando incontro alla morte. Mi sono chiesto come Harrison volesse interpretare il figlio, se come qualcuno vitale o come un mesto Gus.

“Questo è uno degli aspetti interessanti,” mi ha risposto Harrison. “Oswald parla molto della gioia della vita e tutto ciò si riflette nel suo dipinto. Ma questa vitalità che è così tanto parte di lui, è la stessa che uccise suo padre. Suo padre non era capace di esprimerla allo stesso modo.” Nella commedia è chiaro che Mr. Alving era un uomo frustrato che non aveva sbocchi per esprimere la sua gioia di vivere in una società repressiva.

“Sua madre gli dice che per tutta la vita suo padre è rimasto inchiodato in questa cupa città, completamente privo di passione vera e con nient’altro che gli affari e lo status sociale.” Allora tutto ciò che contava era mantenere le apparenze, conformarsi alle rigide strutture dell’era Vittoriana. “Esatto, e perciò suo padre si distrusse.” Ma grazie al fatto che Oswald aveva il suo dipinto, “fu capace di avere molta più vitalità e vita.”

Abbiamo poi parlato delle forze riunite nella produzione della commedia, incluso il regista Anders Cato. L’anno scorso avevano avuto due settimane in più per provare Godot, grazie al National Endowment for the Arts. Avevano perciò avuto più tempo per assaporare ogni battuta di Beckett.

“Ci hanno viziato,” ammette Harrison. “E’ stato magnifico. Adoro lavorare con Anders Cato, mi sento a mio agio e lui è una grande guida. Ti fa venir voglia di lavorare più duramente e di scavare più profondamente nella commedia. Ogni volta che parla di questo o quell’aspetto, ti stimola l’immaginazione.” Cato è conosciuto per la sua capacità di tirare fuori il meglio da un attore. “E’ molto chiaro e articolato su ciò che vuole. In più è molto bravo a parlare di cose di cui è difficile parlare. Sa come guidare un attore in modo da non dirgli semplicemente cosa fare, ma aprendo la via sia all’interno della commedia che nell’immaginazione.”

L’ultima volta che abbiamo parlato, Harrison ha indicato Jim Leverett, drammaturgo del BTF, come una delle persone che lo avevano più aiutato a lavorare al suo personaggio. “E’ sempre molto ricco di conoscenze, solo averlo nella stanza – specie all’inizio – è fantastico.” Il lavoro di quest specialisti letterari è poco conosciuto e apprezzato al di fuori del mondo teatrale, ma se sei bravo puoi offrire spunti ed indizi che fanno di una produzione competente una cosa eccellente. “C’è una grande forza cerebrale lì che puoi utilizzare.”

Anche se realistiche e perspicaci, molte delle traduzioni di Ghosts soffrono in un modo o nell’altro per durezza o rigidità. Visto che Cato e Leverett hanno collaborato ad una nuova traduzione, questo potrebbe appianare i problemi dei vecchi testi. Sarebbe fantastico se i nuovi copioni fossero meno Vittoriani e più contemporanei. “E’ così,” dice Harrison, “lo trovo più naturale e più facile da dire.” Mentre gli attori provano le nuove traduzioni, vengono apportati altri cambiamenti quando le parole passano dallo scritto al parlato. “C’è stato un po’ di cambiamento, ma minimo.”

Lavora con Harrison nello show, un cast di persone che se non sono ancora una famiglia, di certo sono buoni amici e colleghi. Hanno collaborato ad altri progetti insieme e condividono lo stesso linguaggio. “Questa è una delle cose speciali del lavorare qui,” dice entusiasta, “Quando lavori con persone che conosci già, esse hanno modi di fare e umori che rispetti e di cui ti fidi.” Roba molto potente. “Sei già più avanti di quanto saresti in un processo ordinario,” egli fa notare. E si ha anche un linguaggio comune. “Di solito quando inizio le prove a New York e non conosco nessuno, neanche il regista, sono davvero molto nervoso all’inizio. Anche se provi a non esserlo, anche se passi del tempo a cercare approvazione, anche se cerchi di capire come parlare alle persone o come il processo funziona, non c’è nulla da fare, succede.”

Mettersi in pari con un nuovo lavoro richiede tempo, questo è ovvio. Ma se ci sono solo due settimane per provare e mettere insieme uno show di due ore, il tutto può esser molto duro. “Qui ci conosciamo tutti e possiamo partire da lì. Non c’è nervosismo o paura del nuovo inizio.” Ovviamente quando inizi una cosa nuova c’è sempre la paura che le cose possano non andar bene. “La paura c’è sempre,” ammette Harrison, “Ma è molta di meno e questo è gradevole.”

L’attore ha già lavorato con Mia Dillon in Equus e Amadeus al BTF, e ci dice ora che col suo ruolo in Ghosts, in cui lei ha il ruolo di sua madre, “Sto iniziando a considerarla proprio così. Nella commedia il figlio non conosce bene la madre. E’ stato via di casa per una lunga parte della sua vita, da quando aveva sette anni a quando ne aveva venti. Stavamo mettendo su la scena finale ed io ho iniziato a sentire la madre dentro di lei. E’ strano come queste cose succedano.”

Nella commedia, Ibsen ci parla degli anni in cui i due non facevano altro che seguire dei ruoli prestabiliti dalla società ma, mentre si progredisce, finalmente iniziano a conoscersi. “Ovviamente entrambi hanno le proprie idee sul rapporto madre-figlio, ma l’ultima volta che lui è tornato a casa è stato due anni prima. Si sono mandati lettere e cose del genere ma stanno ancora trattando per capire chi sono e come comportarsi l’uno con l’altra.”

“Verso la fine della commedia lui dice di non avere amore per il padre, e lei gli chiede se ne ha per lei; lui risponde dicendo che almeno lei la conosce. La cosa meravigliosa di Oswald è che lui sa che è finita per lui, che morirà. Non gira intorno alle cose, va dritto all’osso. Molta parte della commedia tratta di lei che deve vedersela con bugie e ipocrisia, e del suo bisogno di sistemare le cose e cercare di accettare la realtà, mentre lui va dritto al punto.”

E’ sempre sorprendente come una commedia vecchia di cento anni possa ancora dirci molte cose sulla vita di oggi. Abbiamo più libertà, ma le stesse forze culturali e religiose, che reprimono e fiaccano lo spirito, sono al lavoro anche nella nostra moderna società. “Trovo Ibsen molto rilevante. Questa commedia, come anche la sua Dolls House, parlano ancora con noi. Passiamo molto tempo a recitare dei ruoli, cercando di essere chi dovremmo essere invece di guardarci e cercare di capire chi e cosa siamo davvero.”

Nei momenti finali della commedia, Oswald siede sulla sedia e ripete, “Il sole, il sole…” Questo ha un doppio significato per te? “C’è un doppio significato praticamente in ogni cosa che Oswald dice,” risponde Harrison, “Ci sono molte ironie, anche ironie amare, nelle sue parole. Specie all’inizio, prima che riveli la situazione, che dica che sta morendo di sifilide.”

“Un altro esempio si ha quando dice a sua madre che sì, è tornato a casa per restarci, perché non ha in progetto di tornare a Parigi. Sono qui per un po’ e il pubblico non sa ancora ciò che lui sa: che è tornato per morire.” Il suo fato è segnato. “Oh sì, ed è lì per organizzare le cose.”

E poi, in un colpo di scena della commedia, si innamora di Regina la cameriera. “Non so se si innamorano davvero,” Harrison specula, “Lei sembra aver capito perché Oswald è davvero tornato, e quanto è grande l’amore fra lui e sua madre. Oswald vede che Regina è giovane e spensierata e dubita che lei potrebbe davvero fare ciò che ci si aspetta da lei, ovvero fargli da infermiera per i prossimi 40 o 50 anni. In più lui vuole andarsene dalla detestata Norway e sa che se tornerà a Parigi, non rientrerà più a casa.”

Per cui, incalzo, sembra che il loro grande flash amoroso si dissiperà durante la commedia. “Sai, stai cercando di farmi rivelare un po’ troppi segreti ora,” sorride Harrison.

L’idea era quella. E nel farlo è riuscito a catturare l’interesse di tutti facendo suonare come nuova questa fantastica vecchia commedia.




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Tradotta da
Francesca e redatta da Marcy

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