Ma lui ha lavorato duramente dal vivo in teatro, guadagnandosi il pane,
interpretando ruoli che lo aiuteranno a sviluppare ancor più le
sue abilità. Questa è la quarta estate in cui lavora al
Berkshire Theatre Festival. Il ruolo di Lucky in Aspettando Godot è
praticamente il ruolo più diverso da sé che questo attore
può ottenere. Abbiamo parlato con Harrison della imminente produzione
della quale si stanno effettuando ora le prove. Sarà in scena dal
29 di Luglio al 23 di Agosto.
L’intervista
LM: Feilce di rivederti al Berkshire. Come vanno le prove?
RH: Sono quattro estati che sono qui ormai e mi piace molto. Mi sento molto fortunato di poter passare del tempo qui. Sono due settimane e mezza che proviamo. Non ho mai lavorato su Beckett prima d’ora. Amo Beckett perciò ero molto emozionato di avere l’opportunità di lavorare ad una sua rappresentazione.
LM: Ti porti dietro un bagaglio particolare di Beckett?
RH: Niente se non l’amore per il suo lavoro.
LM: La commedia può essere una sfida che spaventa.
RH: In realtà non mi sento spaventato, solo molto molto eccitato. C’è tanta roba accademica, molto da studiare e a cui pensare, ed io ho cercato di raschiare via tutto e cominciare dall’inizio.
LM: Si dice che Bert Lahr (che era nell’originale Aspettando Godot)
non ha capito una parola di quello che diceva.
RH: Non penso sia necessario. Io ho solo cercato di seguire il regista
(Anders Cato) e il testo così come lo vedo. Cresce dentro di me,
e penso dentro tutti, ogni volta che lo recitiamo ad alta voce. Ho lavorato
con Anders l’anno scorso in Mrs Warren’s Profession
(La professione di Mrs Warren) ed è bellissimo averlo di nuovo
al timone.
LM: Allora come hai avuto la parte di Lucky?
RH: Un giorno Katie Maguire me lo ha semplicemente chiesto al telefono. E sapevo che aveva in mente di farlo. Lei ama Beckett ed è riuscita ad ottenere una garanzia di tempo extra per le prove.
LM: La garanzia del NEA (National Endowment for the Arts) è un
dono molto prezioso di indispensabile tempo supplementare per la produzione.
RH: E’ favoloso e ne avevamo davvero bisogno. Sono sicuro che saremmo riusciti a prepararlo più velocemente, in tempi normali, ma è così utile avere tempo in più. Possiamo lavorare più a lungo gli uni con gli altri per svilupparlo meglio. Non andiamo mai di fretta. Possiamo parlare di ogni momento del testo. La profondità della commedia si espande nel tempo, credo. Molto di Beckett è vivere come gruppo in un mondo diverso. Perciò abitare questo bizarro ed affascinante posto insieme ed avere il tempo di esplorarlo ci ha davvero aiutato come artisti.
LM: Hai pensato molto al personaggio di Lucky? Come ti sei avvicinato
al ruolo?
RH: La prima cosa che ho fatto è stata memorizzare quel discorso (il famoso monologo parlato velocemente lungo 5 minuti) per entrarci dento capisci, e poi un sacco di lavoro fisico, voglio dire che è cresciuto molto durante le prove. Avevo bisogno di alzarmi e tenere quelle borse, sentire come sarebbe stato avere quel peso, avere un laccio intorno al collo, avere David Schramm che mi chiama maiale o porco, essere lì e capire tutto in modo organico. Leggere le battute e poi crescere al di fuori della situazione.
LM: In certo qual modo ci sono più informazioni sul personaggio
di Lucky che su tutti gli altri in Godot.
RH: I personaggi dicono molto di lui, tipo che sbava…
LM: Pensavo più alla sua vita da schiavo, Pozzo si lamenta che
“Una volta ballava….faceva capriole. Per la gioia. Ora questo
è il meglio che sa fare”. C’è perfino una battuta
sull’essere usato e poi gettato via come una vecchia buccia di banana.
RH: Vero, è stato sfiancato.
LM: Allora, hai finito il libro ormai?
RH: Più o meno. Ho fissato nella mente le ultime 10 battute la scorsa notte. Vedremo se ci resteranno. Ci vuole un po’, serve ritmo e ripetizione. E devo ascoltarmi un po’ di volte ad alta voce prima di sentirmi sicuro.
LM: Hai cercato sul vocabolario alcune parole come apatia, afasia e atambia?
RH: Ah, sì. Apatico, noncurante, non può sentire, insensibile ed indifferente. Abbiamo un fantastico drammaturgo qui, Jim (James Leverett) ci ha dato molte informazioni e ci ha aiutato molto.
LM: Un’analisi che ho letto su Lucky sosteneva fosse una metafora
di Cristo.
RH: L’ho sentito. E’ interessante quanto le persone ci riflettano. Un’altra interpretazione è che Lucky dovesse essere l’Irlanda e Pozzo l’Inghilterra. Ma la mia prima lettura è stata una cosa più classica. Ma sì, è tutte queste cose. Ha molti strati ed è semplicemente ciò che è. Tu segui il testo ed il pubblico proietterà quello che è il suo personale significato una volta che lo vedrà. Il problema è che anche se è tutte queste cose tu ne devi scegliere solo una da rappresentare.
LM: Ci sono altri lavori di Beckett che ti piacerebbe rappresentare?
Quando RH: Molti. Vorrei farli tutti. Amo Play (Gioco), Endgame (Finale), Krupp's Last Tape (L’ultimo video di Krupp). Ma probabilmente non farò più Beckett per un pò. Sono fortunato di poterlo fare ora. Idealmente devi essere più vecchio per farlo tutto.
LM: Allora, questo è il quarto o quinto ruolo che hai rappresentato per il Berkshire Theatre Festival Alan Strang in Equus, Mozart in Amadeus, Billy Bibbitt in One Flew Over the Cuckoos Nest, and Frank Gardner in Mrs. Warren's Profession sono quelli che ricordo. Ci sono altri ruoli che ti piacerebbe interpretare?
RH: E’ da un po’ che non ci penso. Una volta avevo una lista
enorme ma ora so solo che mi pacerebbe essere di nuovo Tom in Glass
Menagerie.
LM: Parliamo per un momento di questo. La prima produzione al Guthrie di Minneapolis è stata inusuale perché aveva due Tom, uno più anziano che narrava ed uno più giovane che era il figlio. Visto che tu eri il giovane Tom non hai potuto fare il famoso discorso di chiusura dalla balconata.
RH: E di sicuro spero un giorno di poter fare quei discorsi narranti. E’ stato un progetto molto interessante, totalmente differente da quello standard. Abbiamo dovuto lavorare insieme perché ognuno di noi potesse recitare metà dello stesso ruolo, ed essere sicuri di lavorare all’unisono per dare al pubblico l’immagine di un solo personaggio. Penso abbia funzionato per il pubblico, ma è stato frustr…. difficile per noi riuscirci perché non avevamo l’intera immagine di ciò che si doveva intendere.
LM: Io non ho visto la produzione ma è molto discussa. Eravate
entrambi in palcoscenico allo stesso momento?
RH: Sì spesso eravamo sul palco insieme. Lui mi descriveva mentre io ero lì fermo. Inizialmente avevamo un po’ di dialogo insieme, ma penso che alla fine sia stato tagliato. Ma lui descriveva me e se stesso mentre io ero lì fermo.
LM: Una delle cose che mi colpisce della tua carriera è che tu
hai fatto molta esperienza nei musical ma ora sembri dirigerti verso ruoli
più drammatici. Certamente ci sono molte sfide nel teatro diretto
ma che mi dici della musica, è ancora fra le tue cose da fare?
RH: Amo la musica ma quando mi sono laureato alla scuola di teatro -Cincinnati College Conservatory of Music (CCM – College Conservatorio di Musica di Cincinnati) – sapevo che non sarei stato soddisfatto dal fare solo musica. Amo – adoro persino – alcune delle cose che vengono fatte nei musical ma non mi piace necessariamente tutto ciò che viene fatto recentemente. Certo ci ho lavorato ed ho guadagnato, ma mi sono sentito insoddisfatto in certo qual modo.
LM: Hai fatto per un po’ Boq in Wicked ad Hollywood.
RH: Vero. E mi è piaciuto molto. Ma sentivo che non era per sempre.
LM: Ci sono alcuni video della tua performance in Wicked online,
uno preso dalla platea ed uno dalla balconata.
RH: Ma non è illegale, non viola dei copyright?
LM: Certo, non ci staranno a lungo, ne sono certo. A parte la legalità,
grazie a YouTube si riescono a vedere pezzi di grandi attori e grandi
performance che altrimenti non circolerebbero mai pubblicamente…
Piaf, Merman, Jolson.
Parliamo dei tuoi primi anni. Cosa è successo al ragazzo coraggioso che ha rappresentato una commedia di Mark Ravenhill al college? Perché il suo lavoro non è prodotto più spesso?
RH: Oh intendi Shopping and Fucking? Immagino che il pubblico ed i produttori ne siano intimiditi. Mi chiedo anche perché Sarah Kane (una brillante ma audace scrittrice inglese morta nel 1999 prima di raggiungere i 30 anni) non venga rappresentata di più, anche se ottenere i diritti per il suo lavoro è difficile com’era una volta ottenere quelli di Beckett. Stanno facendo, lasciami pensare, non Phaedra’s Love (L’amore di Fedra) ma la sua prima commedia (Blasted - Dannato) all’Ohio a New York.
LM: Alcune persone pensarono che Ravenhill sarebbe emerso fra dieci anni
come il “nuovo” Beckett.
RH: Ma sembra che Kane stia emergendo come la voce di quel tempo. Ho visto 3 diverse produzioni delle sue commedie. Ho visto molto teatro francese ultimamente e mi sono interessato a scrittori francesi contemporanei che non sono stati prodotti negli States o tradotti in inglese.
LM: Tipo chi?
RH: Bernard-Marie Koltès. Ho visto molti dei suoi lavori recentemente. Ed ho molti amici che hanno compagnie a New York e che stanno facendo nuovi lavori. Le Debate Society sono miei amici che fanno affascinanti nuovi lavori. Il Nature Theatre dell’Oklahoma che ha avuto un grande show all’Ohio quest’anno chiamato No Dice (Niente Scherzi), sta facendo un tour in tutta Europa.
LM: E la compagnia SITI, non stanno facendo cose interessanti?
RH: Hanno un Radio Macbeth e poi penso faranno The Seagull (Il Gabbiano).
LM: Stanno lavorando nell’American Museum Cycle (Ciclo sul Museo
Americano) sull’artista del Berkshire Norman Rockwell ad un qualcosa
dal titolo Under Construction (In costruzione).
RH: E’ la sua musicalità che rende possibile memorizzarlo. Non uso spesso questo elemento ma specialmente verso la fine quando gli si può attribuire meno logica, trovo che il ritmo ed il tono mi spingano in avanti e mi ritrovo a continuare a parlare anche quando non sono sicuro di dove sto andando e c’è solo la musica, il ritmo del discorso.
LM: E’ un vero tour de force.
RH: E’ bellissimo. E’ favoloso. Ed ha un potere che non è intelettuale. Non sai spiegarti il perché. Anche quando le parole non si allineano insieme in una frase che porti ad una conclusione c’è lo stesso tantissimo potere nel modo in cui le parole sono assemblate. E’ grandioso.
LM: Da quando l’ho riletto non riesco a togliermi dalla mente la
frase “quaquaquaqua”.
RH: Apparentemente si basa su una parola francese che significa “guardare in tutte le direzioni”. Non che la gente lo sappia.
LM: Una spiegazione che ho letto sosteneva fosse basata su una parola
latina che significa “pertanto”.
RH: Interessante. Pozzo usa “qua” per primo, “qua cielo”
ma credo sia intesa diversamente.
RH: Mi interessa vedere come lo tratteranno. Era un grande artista.
LM: Nuove rappresentazioni sono sempre difficili all’inizio. Questa
è una copia della recensione orignale del 1956 di Godot fatta da
Brooks Atkinsons per il New York Times. Anche lui la trovò sconcertante
anche se credo sospettasse che sarebbe diventato un lavoro importante.
Torniamo al tuo ruolo. Pensi che il discorso di Lucky sia pieno di cadenze
musicali? Quando lo leggo ad alta voce trovo che abbia un certo ritmo.
Pozzo: "Will you look at the sky, pig? (Lucky looks at the sky.) Good, that's enough. (They stop looking at the sky.) What is there so extraordinary about it? Qua sky. It is pale and luminous like any sky at this hour of the day. " – “Vuoi guardare il cielo maiale? (Lucky guarda il cielo.) Bene, ora basta. (Smettono di guardare il cielo). Che c’è di così straordinario? Qua cielo. E’ pallido e luminoso come ogni cielo a quest’ora del giorno.”
C’è un fantastico manuale dalla produzione di Berlino diretta
da Beckett, penso nei tardi anni ’70. Ci sono tutte note sullo spettacolo.
E’ stata una straordinaria e decisiva produzione di Godot. Persino
lui divide il discorso in 4 parti, è molto utile.
LM: Ho notato che è uno dei discorsi in cui non stabilisce delle
pause, è solo un lungo discorso con poche interruzioni.
RH: Persino “non io” ha dot dot dot (puntini di sospensione) così capisci dove fermarti a respirare.
LM: In certo qual modo studiare Beckett è come scavare nelle parole
di Shakespeare.
RH: E’ molto simile perché espande il tuo modo di parlare. Sai di alcune cose capisci la logica, capisci l’intenzione della battuta e la dici, e questo è quanto, non scavi nel profondo. Con Shakespeare trovi che più lo parli, più profondamente risuona dentro di te. E’ grandioso.
LM: Ti è mai dispiaciuto per Lucky? Non riesce mai a posare quelle
valigie…
RH: Lo fa quando balla. Quando cade.
LM: ….e non sono piene di sabbia.
RH: No. Per lo meno lui riesce a dormire. Alcuni dei personaggi non possono dormire. Mi piacerebbe poter dormire ogni volta che colpisco il pavimento.
LM: La biografia autorizzata di Beckett si intitolava Damned to Fame (Condannato alla Fama), si dice che odiasse la notorietà, che non gli piacesse affatto. Tu ti ritrovi in questo?
RH: Ma certo, odierei essere famoso.
LM: Cos’altro si può dire di questa produzione, di cosa non
abbiamo parlato?
RH: Spero che il pubblico la trovi fantastica come l’ho trovata io. Non ho avuto prove per qualche giorno perché stanno lavorando al secondo Atto prima che io entri, ma abbiamo fatto il primo Atto la scorsa settimana e non riesco a togliermelo dalla testa. L’umanità che c’è mi uccide. Per esempio il momento in cui entra il ragazzo – era la prima volta che vedevo la fine del primo Atto – mi ha toccato profondamente. Penso che l’umanità che c’è sia (l’aspetto) più gratificante, non c’è sentimentalità. Non lo trovo…. cinico. Penso che alcune persone lo considerino solo deprimente, ma c’è molto humor e vita e umanità in esso.
LM: Affronta i fatti.
RH: Sì. Penso che il fatto che affronti i fatti dell’esistenza umana così onestamente è quello che rende tutto così, così meritato, lo humour e il resto.
LM: Ho fatto un paio di foto del set in costruzione e sembra così
ridotto alla sua forma più semplice.
RH: Ah sì?
LM: Ho cercato di trovare l’albero in costruzione e vedo che tu
ne hai uno qui…
RH: Uno finto. Dovrò andare lì a vedere come sta venendo.
LM: E’ una bella giornata per farlo. Ma presto hai le prove vero?
RH: Esattamente.
LM: Bè grazie per aver condiviso i tuoi pensieri.
RH: Prego.