Venerdì, 1 luglio 2016
di: Tony Bravo
Fonte: sfgate.com
Tradotta da: Klaudia62
Redatta da: Marcy
"E’ passato un bel po’ di tempo da quando sono stato in piedi su un bancone da bar," scherza Harrison, ma evita di rispondere se quell’ultima volta fosse stato là sopra per motivi professionali o personali.
L’attore trentottenne è molto conosciuto per le sue cinque stagioni come Justin Taylor nella rivoluzionaria serie "Queer as Folk" della Showtime, che racconta la vita e le storie di un gruppo di uomini gay a Pittsburgh. Dal momento in cui la serie ha chiuso i battenti nel 2005, Harrison ha recitato principalmente in teatro, ed è anche stato il co-protagonista di Michael Urie nel film del 2014 "Such Good People". Con Harrison abbiamo parlato di come egli abbia costruito il personaggio dell’Emcee, della serie Web in arrivo che egli ha diretto e co-prodotto e del suo collegamento durante l’infanzia con l’autore di San Francisco Armistead Maupin.
D: Il ruolo di Emcee era già presente nella tua "lista di cose da fare"?
R: Da giovane attore non avrei saputo dire se sarei stato giusto per questo ruolo. Pensavo che sarebbe potuto essere un po’ oltre la mia area di competenza. Da quando è apparso questo revival nel 2014, mi sono reso conto di essere invecchiato abbastanza da diventare giusto per il ruolo. Sono cresciuto con quel film, e poi ho visto questa produzione (negli anni ‘90) con Alan Cumming e mi è piaciuta.
D: Che tipo di costruzione del personaggio hai fatto per questa parte misteriosa?
R: Il regista ha voluto che tutte le ragazze e i ragazzi del Kit-Kat Club scrivessero la propria biografia. Questo ha reso personali i miei momenti nello show e gli ha dato una prospettiva. Ho anche letto le storie di (Christopher) Isherwood, "Christopher and His Kind", e le due "Berlino Stories" (su cui si basa lo show). Poi ho letto qualcosa su come Hal Prince ha creato il personaggio (nella produzione originale di Broadway). Lui aveva visto all’interno di una tenda questo spettacolo da circo a Budapest durante la guerra. Il personaggio era in realtà una persona minuta con i capelli nerissimi ed il trucco bianco. Tutto mi ha aiutato a capire che cosa si provasse a vivere quel periodo.
D: Pensi che "Cabaret" si riveli al pubblico in un modo nuovo?
R: Buona parte di esso viene percepito come molto personale e profondamente rilevante in questo momento. Anche solo la questione di classe, la scomparsa della classe media americana e il mio personaggio che si rivolge ai poveri nella canzone "Money". E’ violento, ma in buona parte questo è quello che stava accadendo a Berlino in quel momento. C’era stato un impoverimento di massa e poi queste persone che si erano arricchite in maniera folle.
D: Il musical per te è un amore di lunga data?
R: Sì. Ho partecipato ad una produzione di "Wicked" 10 anni fa con Joel Grey (l’Emcee originale) e ho recitato la parte di Boq. Sono andato a scuola di teatro musicale al Cincinnati Conservatory of Music, ma ero davvero esausto di musical quando mi sono laureato. Poi è arrivato "Queer as Folk" e non ho più fatto musical per cinque o sei anni. La narrazione di una storia accompagnata dalla musica è davvero una cosa potente.
D: Quale pensi sia l'eredità di "Queer as Folk"?
R: Penso che sia stato particolarmente importante per coloro che in quel momento erano adolescenti. Questo mi fa sentire bene, perché era proprio a quello a cui pensavo mentre giravo lo show. Oggi ho 38 anni, e quando ero ragazzo, c'era veramente poco che ci rappresentasse. Sento come se fosse “lo spirito del tempo” in un momento molto importante per la visibilità gay.
D: Cosa c'è all'orizzonte dopo "Cabaret"?
R: Ho diretto per la prima volta una serie Web che i miei amici hanno scritto e che si intitola “New York Is Dead”. Racconta di artisti che sono costretti a lasciare New York, e in conseguenza di questo diventano sicari. Vivo a New York dal 2000, e tutti quelli che conosco sono costretti a lasciarla perché non possono permettersi di vivere lì. Bebe Neuwirth, Ana Gasteyer, John Early e Jemima Kirke fanno parte del cast. Lo stiamo promuovendo in giro.
D: Com’è stata la tua permanenza a San Francisco?
R: Ho sempre avuto un rapporto romantico, quasi da romanzo, con San Francisco, ma non ero mai stato qui fino a due o tre anni fa. Mia madre (Diane Cox) è andata a scuola con Armistead Maupin in North Carolina, e quando avevo 14 anni prima che facessi coming out, mi passò da leggere i libri "Tales of the City". Le madri lo sanno sempre. Non ho mai incontrato Armistead, ma mi piacerebbe farlo. Quei libri sono stati uno dei motivi per cui ho potuto fare il mio coming out. Mi sento come se stessi vedendo la fine di San Francisco con questa situazione abitativa, ma si spera che passi. Abbiamo l’ansia da città. A San Francisco e New York, per gli artisti in particolare, può essere difficile.
D: Ansia da città pare un’espressione opportuna, visti i temi dello spettacolo.
R: In teatro siamo come operai: è un lavoro fisico, non si fanno un sacco di soldi, e sei sulla strada per tutto il tempo. Ne vale la pena in quanto è il lavoro più bello del mondo, ma devi accettare il compromesso di dover vivere in città che non si adattano a te.
D: Qualcuno di speciale nella tua vita personale?
R: Ho una gatta di 20 anni, Ella-Elettra che, Dio benedica la sua anima, è stata sul punto di morire per sei anni. Quando ho firmato per questo lavoro, un anno fa, ho pensato che sarebbe morta entro gennaio; era molto malata. Ha avuto una grande vita come gatta, ma ...lei non vuole morire. Una mia amica si è presa cura di lei, ma ora deve andare in Europa, così è venuta qui a San Francisco per portarmi la mia gatta. Viaggerò con la gatta, così sarò il vecchio ragazzo che porta in giro la vecchia gatta. Sarò una vecchia gattara.