Scritto da: Henrik Ibsen
Adattamento: Anders Cato and James Leverett (dramaturg)
Diretto da: Anders Cato
Cast: Randy Harrison, David Adkins, Mia Dillon, Jonathan Epstein, Tara
Franklin.

Genere: Drammatico
Scenogrfia di: Lee Savage
Costumi di : Olivera Gajic
Luci: Tyler Micoleau
Suono: Scott Killian
Dove: Berkshire theatre -Stockbridge
Quando: 11 - 29 agosto 2009
Opening: 15 agosto 2009
Fonte: Yoricklibri.it

Gengangere, Gli Spettri, nasce dalla penna di Henrik Ibsen nell'estate del 1881, tra Sorrento e Roma. Questo dramma viene scritto dopo Casa di bambola, ed ancora una volta ha come protagonista principale una donna, la signora Helene, madre del giovane Osvald, artista che insieme al pastore Manders, a Regine e al suo vecchio padre rappresentano gli interpreti delle vicende nate sulla riva di un grande fiordo norvegese.
Sebbene gli avvicendamenti umani disegnino il percorso degli eventi, il senso intimo delle cose non è ad essi affidato. Una forza superiore trama fra loro, e scrive il destino dei protagonisti.

Per essere più precisi, l'opera subisce la presenza impetuosa di una entità assente: il peccato. La sua mancanza naturalmente è di natura fisica, perché la casa della signora Helene, le stanze, i colori del cielo nordico ne conservano le tracce, orme visibili paradossalmente non da colui che è puro, ma dall'animo corrotto, dal peccatore, dal genitore.
La signora nasconde al figlio le nefandezze di un padre crudele e violento. Da giovane scappò via di casa, per trovare rifugio tra le braccia del pastore, il quale non accolse nel suo focolare la donna che tornò quindi di nuovo dal marito.

Per proteggere il suo bambino, accetta ogni umiliazione, e gli nasconde la verità. Con la morte del consorte, la madre decide di costruire un asilo: i soldi lasciati in eredità verranno redenti a fin di bene da un'opera destinata ai più piccoli ed indifesi.
Supervisore attento è Manders: la sua autorevolezza nasce dall'avere accanto Dio. I propri giudizi, la compostezza, sembrano riflettere non una solidità personale, ma la regalità donata da un Essere Superiore.

Il pastore convince la signora a non assicurare l'asilo, altrimenti la comunità penserebbe male, che non si abbia fiducia nella Provvidenza divina. Ella accetta, perché in fondo al cuore è ancora ammaliata dall'uomo autorevole, ma anche dalla persona così dura nel giudicarla ribelle fin da giovane, incapace di accettare la croce, responsabile dell'educazione troppo libertina di Osvald.

Il giovane è stato un artista, pittore, a Parigi, ed è ora di nuovo a casa, per riposarsi da un forte stress motivo di squilibrio e frustrazione.
I contrasti tra la donna e il pastore nascono da due differenti morali. Da una parte l'uomo di Chiesa, dall'altra una vita soffocata dal dubbio e dalla meschinità, nel tentativo di sovvertire conseguentemente, ma fallendo, l'ordine delle cose.

In casa della signora Helene vive Regine, una fanciulla graziosa la cui unica colpa è non sapere la verità sui propri natali. Il padre naturale, infatti, non è il vecchio e cattivo Engstrand, falegname cinico e ruffiano, bensì il padre di Osvald: nelle sue scappatelle extraconiugali ha incontrato proprio la cameriera di casa, ed ha lasciato nel mondo un segno del suo ardore.

Ibsen rimane spettatore di un dramma particolarmente triste; il gelo nordico sembra esser entrato nelle case dei protagonisti, rendendo i personaggi figure oltretombali. Gli Spettri non sono soltanto i segreti nascosti di peccati giovanili o figliolanze illegittime. Lo scrittore confida al lettore qualcosa di più orripilante, di tremendamente indicibile: gli spettri siamo noi. Come fantasmi ci aggiriamo in una vita di cui nulla ci appartiene. Nemmeno la verità, bene più prezioso, è concessa. O meglio: la verità si rivela all'improvviso, gettando un'ombra sulle granitiche certezze su cui fondavamo le nostre speranze. È una epifania dolorosa, perché colpisce anche coloro i quali non hanno colpe dirette.

Il teatro ibseniano ci insegna questo: il nascondere la verità, pur se in buona fede, produce qualcosa di immensamente grottesco, una punizione estesa anche ai giusti, i deboli, o quanti hanno le mani candide.

La forza di Ibsen e del suo teatro è difficilmente spiegabile in poche parole. Oltre alla capacità di cogliere l'essenza dei protagonisti e di descrivere le psicologie più complesse, egli sa ritrarre la storia umana con i colori della solitudine, senza mai abbandonare il testo alla fiacchezza o alla rassegnazione.

Risultato questo incredibile, visto il senso indiscusso dell'opera. Così dice la Signora Helene al pastore: "m'è parso di veder degli spettri davanti a me. Ma credo quasi che noi tutti siamo degli spettri, pastore Manders. Non soltanto quello che ereditiamo da padre e madre riappare in noi, ma ogni sorta di idee vecchie e morte, e convinzioni altrettanto vecchie e morte. Tutto ciò non vive in noi; ma c'è tuttavia e non possiamo liberarcene".

Ognuno dei protagonisti pagherà la debolezza di chi li ha preceduti: regina finirà in un bordello, Osvald morirà demente, Helene schiacciata dalle sue menzogne, seppure a fin di bene.
Coloro che si salvano sono il pastore Manders, e certamente la causa di tutto, ovvero il padre di Osvald, il ciambellano Alving. Il destino risparmierà l'uomo attaccato alla sua morale d'apparenza, alla chiacchera del paese, e il peccatore del cui nome resteranno solo le lodi inventate dalla moglie tradita.

Il peccato, il destino, insegna Ibsen, sono imperscrutabili ad occhio umano. Per gli spettri la situazione è ancora più difficile.




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Edited by Marcy

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